giovedì 21 febbraio 2013

Le mie/nostre preziose spezie palestinesi

Le mie spezie casalinghe come sono collocate nell’ armadietto.


Queste invece sono le spezie che porto in giro nelle serate e cene per parlare del loro impiego nella cucina tipica palestinese.
Cosa sono per un’arabo le spezie e in particolare per un/a palestinese?

Credo che nessuno che abbia visitato un paese arabo o soggiornato per alcuni giorni in Palestina potrà mai dimenticare gli odori ed i profumi emanati dalle spezie semplicemente al passaggio davanti a queste piccole botteghe piene di sacchi esposti con stile e fantasia che catturano l’occhio e l’odorato al punto da indurre il turista ad entrare e chiedere informazioni sulle origini e sul modo d’impiego di queste sostanze vegetali “complementari” che aromatizzano o insaporiscono cibo e pietanze senza tralasciare l’effetto benefico per la salute del corpo e dell’anima. Vedere tutte queste radici nodose, pezzi di cortecce, baccelli secchi, semi, bacche, resine, bulbi, boccioli, petali e stimmi oltre al resto delle spezie macinate e ridotte in polvere per facilitare il consumo ecc ecc !
A “souk el attarin” a Gerusalemme queste meravigliose spezie sono arrivate come del resto in tutto il mondo, da molto lontano e spesso con difficoltà ed a prezzi altissimi, di sicuro non erano alla portata di tutti e ancor meno ancora alla portata del popolo. Li usavano i califfi e sultani oltre ai Re e Principi da Oriente ad Occidente perché avevano tanti soldi per finanziare i cammellieri e le navi arabe che avevano il monopolio di rifornimento, arrivavano dal Tibet dalla Cina dall’ Isola di Sumatra oltre all’ India e Ceylon per arrivare infine in Europa attraverso il deserto arabo fino anche in Siria e Palestina.
Si usavano allora per la conservazione dei cibi ed anche per mascherare e coprire il sapore quasi avariato del cibo mentre in Egitto si usavano per l’imbalsamazione dei cadaveri.
Il Medio Oriente è pieno di botteghe (piccolissime e medie) di spezie e sostanze aromatizzanti in polvere e foglie e distillati e oli medicinali per la cura della pelle e del corpo. In Italia si chiamano drogherie ed in Palestina si chiamano “ATTAR- ATTARIN ”e da qui deriva souk el attarin        العطارين سوق



guardate questo piccolo video e vedrete il mio ATTAR  che si trova dentro il souk  che racconta e mostra le sue pregiate spezie.

Molto famoso per la sua posizione specifica di mercato coperto (dell’epoca Ottomana) in viuzze strette e protette dalla pioggia e dalle intemperie, unisce i 4 quartieri più importanti di Gerusalemme (musulmano cristiano ebraico ed armeno) in questo grande salone si trova anche souk el nahhasin (gli artigiani del rame) e souk el lahhamin (delle carni) ed anche del Kawajat (delle stoffe dei signori). Tutto questo mercato ben allineato ha un’entrata ed un’uscita che di notte si teneva chiuso per tenere lontani i ladri ed i predatori, cosa che oggi non lo è più.

Quando ero ragazzina andavo qualche volta a fare le spese con mia madre o anche passavo per andare a trovare una compagna di scuola di un altro quartiere, dovevo per forza passare attraverso il mercato del rame dove gli artigiani delle pentole battevano a mano il rame ed altri metalli per fare le pentole ed utensili. Ora purtroppo non esistono più le pentole in rame e nemmeno le botteghe ma sono state sostituite con cianfrusaglie e souvenir (cinesi e non) che hanno cambiato radicalmente la realtà della città, grazie a Dio che almeno souk il lahhamin sia rimasto ma con trasformazione come lo è cambiato anche il gusto delle persone, ora troviamo tanta carne e pesce surgelati e pochissima carne fresca e animali interi freschi come si vedrebbe a Betlemme e Hebron, questo purtroppo è dovuto alla difficoltà di forniture ed anche perché gli israeliani non mangiano e non macellano come gli arabi e per questo che il souk di Gerusalemme è pieno di carni surgelate. Qualche volta capita che riusciamo a fare la spesa di carne fresca e altro a Betlemme e la passiamo nascondendola sotto i sedili ma quando arriva il cane ad annusare ci viene sequestrata, è assurdo, verò???
Purtroppo ogni giorno si toglie un pezzo di puzzel importante alla vivacità di Gerusalemme che la porta lentamente alla morte portando via il suo carattere folcloristico culturale arabo per trasformarla in ebraico/religiosa per soli pellegrini e visitatori dediti solo alla preghiera, ve la immaginate tutta Santuari, pietre e genti da ogni dove che corrono nelle direzioni di chiese e moschee e sinagoghe che testimoniano solo le religioni senza tradizioni e usi e costumi di un popolo resistente? Con il tempo non ci saranno più i laaaaaaici delle tre religioni.
Torniamo alle spezie:

Quando mia madre mi diceva metti un pizzico di cannella non sapevo cosa volesse dire o una manciata di sesamo o di origano, una grattugiata di noce moscata o un paio di chiodi di garofano o una spruzzata di peperoncino o un cucchiaino di curcuma  رشة كمشة حفنة شوية الخ sono dosi che ogni massaia usa in cucina ma nessuno sa dire la quantità esatta di spezie da mettere sul cibo perché ogni persona ha una presa o presina (tra indice e pollice) diversa da un altra e così pure la manciata o il pizzico, tutte unità di misura arcaiche che sono tipiche di ogni donna o cuoca. Sta alla donna regolarsi e per questo che troviamo dei piatti tipici uguali solo di nome ma di gusto e condimento si discostano. Se vi capita di entrare in una casa palestinese all’ora di pranzo potete già intuire dall’odore il nome del piatto cucinato ed anche la quantità delle spezie usate e non è per niente più buono il piatto con esagerato uso di spezie. (non vado mai a mangiare da mia cognata perché nel riso o nel mahshi mette una montagna di pepe e noce moscata).
Mia madre invece usava e usa poco le spezie “forse per le sue origini italiane”, usa soltanto alcune di loro, pepe cannella noce moscata ed anche poche erbe aromatiche (rosmarino per l’arrosto, la cannella per il brodo e la salvia per il mal di pancia), non avevo mai capito se lo faceva per risparmiare o semplicemente perché credeva che facessero male o perché il cibo è più buono se è al naturale, comunque cucinava molto bene.

Negli ultimi anni ho provato a farle cambiare idea ma non c’è stato verso anche se ho fatto davanti a lei una dimostrazione sull’ utilizzo sensato delle spezie mostrandole alcune che adoro tipo la curcuma il comino il fieno greco e l’insuperabile sommacco (quel fiore rosso che vedete nella foto ai piedi delle scatole) la nigella ed il cardamomo che lei utilizza solo nel caffè, sono quasi sicura che non cambierà nulla perché certe abitudini devono essere apprese quando si è giovani.

Non capisco comunque il perché del mio attaccamento alle spezie ed alla cucina tipica nostra “palestinese”, sicuramente per un motivo psicologico, lei non m’insegnava niente in cucina ed io dopo mi sono legata ad essa considerandola parte del mio bagaglio culturale, mi diceva sempre “tu devi solo studiare” o al massimo pulire il pavimento (era fatto di piastroni grandi come quelli delle strade di Gerusalemme e bisognava fregare molto con lo spazzettone).
Le mie adorabili spezie che vedete nelle foto lassù, specialmente quelle nei barattoli dentro l’armadio: sono di diverse grandezze e diversi colori, i vasetti sono un po’ opachi non perché sono sporchi ma perché sono molto vecchi e molto toccati e usati, li conosco quasi solo al tatto.
Le spezie le uso molto spesso specialmente quando si organizzano delle cene tipiche, ho molta pratica a dosare il mio pizzico o la mia presa o presina a seconda della quantità di cibo perché la spezia non deve mai coprire il sapore del cibo ma lo deve esaltare e migliorare o togliere al massimo il freschino al pesce o alla carne ecc.
Vi garantisco che ho sviluppato molto bene il mio tatto specialmente tra indice e pollice ed anche il palato (per l’assaggio) l’odorato e l’occhio, tutti questi sensi vanno insieme e servono a capire bene senza eccedere o diminuire, c’insegnano la delicatezza nel porci verso il cibo come del resto verso qualsiasi cosa che facciamo, non possiamo fare niente a casaccio.

Ora chiudo e se non avete capito o se volete altre informazioni, invitatemi per una serata con le spezie e gli assaggi per approfondire e vedere da vicino le mie spezie preziose nei dolci e nelle tisane ecc.
Intanto guardate in internet dopo aver tirato giù i nomi (sono abbastanza chiari) e cercate il loro impiego in cucina e per la salute.  

venerdì 8 febbraio 2013

Oggi abbiamo il manaqish مناقيش


Così chiamati in Siria Libano e in Palestina, con la parola MANAQISH chiamiamo le focacce allo za’tar (chiamato anche timo o origano), si dice manaqish perché la focaccia di pasta pane viene pizzicata nei bordi come una decorazione regolare che abbellisce l’aspetto di questo pezzo di pane steso e versato sopra un po’ di origano mescolato all’olio e qualche altro ingrediente di spezie che gli danno un sapore semplicemente squisito che si può consumare a colazione con il tè o il latte o anche a merenda o pranzo e cena. L’ideale sarebbe da mangiarla calda appena fuori dal forno e gocciolante d’olio, così croccante e buona da “mangiarsi le dita dietro” ( توكلي اصابيعك وراها)
  in quanto si prende con le dita essendo piena di olio.
L’origano è una pianta erbacea spontanea dalle foglie piccole verdi e vellutate, è curativo perché disinfetta intestino e cavo orale si può masticare o bere come tisana. La Palestina era piena di za’tar e le donne uscivano al mattino presto per raccoglierlo, era un modo per uscire insieme e raccontarsi i loro problemi, tante di queste donne lo curavano e lo portavano ai mercati nelle città dove le donne non hanno mai visto una pianta. Ricordo che mia madre contestava le contadine per il prezzo che le sembrava troppo alto per delle manciate di origano ma lei non sapeva le fatiche ed il tempo che si trascorreva per raccoglierlo e curarlo.
Io l’ho capito molti anni dopo perché nel mio giardino lo pianto e capisco la fatica che si fa a rimanere chinate per diverse ore a tirare su i piccoli rametti che pesano pochissimo e per questo non si vendeva a peso ma a manciate o già nei sacchetti.

Ora l’origano in Palestina non si può più raccogliere specialmente nella Palestina storica all’ interno d’Israele e guai se si trovano donne che “vanno a origano” (come si diceva all’ epoca), si prendono le multe per distruzione della natura, una mia parente diceva “guarda da che pulpito viene” prima ci prendono la terra e ci distruggono le case e poi c’impediscono di andare a origano.

Comunque (lasciamo stare il dolore) oggi l’origano si trova a mazzetti con un gambo dritto e duro e si vende a peso perché i gambi pesano un sacco.   Con l’origano verde si fanno degli involtini ripieni di foglie verdi con cipolle, summacco, pepe e sale.
questa non è mia,

 mentre le altre sono fatte da me come al solito con: pasta pane un po’ molle stesa nel vassoio unto con olio d’oliva e sopra verso lo za’tar già mescolato con gli ingredienti giusti (origano secco e macinato con summacco sale sesamo comino) con l’olio d’oliva abbondante e pizzico tutt’ intorno le focacce e le metto in forno molto caldo per pochi minuti.
Alcune focacce le faccio bianche ossia con formaggio frullato con una spruzzata di olio e qualche pizzico di za’tar condito e via in forno.  
     

Mia madre mandava il condimento al forno pubblico di “mio nonno” ed il fornaio provvedeva a fare le focacce con la pasta del pane suo, era possibile anche che il fornaio provvedesse a fare un paio di focacce anche per lui. Ecco perché tante donne spesso restavano ferme in un angolo per controllare.
Lo za’tar appena raccolto e fresco lo si può lavare e asciugare e aggiungere alla farina direttamente o anche al semolino con l’aggiunta di olio d’oliva ed un po’ di lievito e sale, appena lievitato si divide la pasta in tante piccole palline da schiacciare con il palmo della mano e pizzicare tutt’ intorno e pennellare la superficie con il bianco d’uovo, una volta allineato nel vassoio del forno s’inforna a fuoco alto per qualche minuto. Questo tipo di focaccia/biscotto si offre agli ospiti insieme al tè e dura parecchi giorni.

Se non si ha voglia di lavorare con la pasta lo za’tar fresco/verde si può mangiare in una ciotola condito con sale e sommacco limone e olio d’oliva .
Lo za’tar si può anche mangiare intingendo il pane prima con l’olio e dopo con lo za’tar, è una pratica molto comune e presente sulle tavole di tutte le famiglie palestinesi perché lo za’tar sviluppa la nostra intelligenza, questo le nostre nonne ci dicevano quando eravamo piccoli e noi lo diciamo ancora ai nostri figli.

Grazie per l’attenzione e a presto, la prossima volta parleremo delle spezie che si usano in Palestina.