martedì 22 ottobre 2013

AL MAFTOUL المفتول

Il maftoul è un elaborato fatto da una parte molto piccola di frumento (burgul fino) che viene lavorato da mani esperte e ricoperto di farina dopo aver spruzzato un po’ di acqua, muovendo le dita in senso rotatorio si fa sì che la semola si copra di farina, si devono accarezzare delicatamente i grani e velocemente muoverle in senso orario, si spruzza nuovamente acqua e nuovamente farina, così si attacca al granello di frumento, è un lavoro molto accurato e preciso che non avevo mai visto prima di andare a Gerico in una giornata cuocente di caldo afoso ad assistere ad una decina di donne palestinesi sedute per terra con le gambe alternativamente piegate per poter tenere quasi in grembo un (lagan) catino grande di plastica contenente il grano ed un altro catino con della farina ed un bricco d’acqua leggermente salata.
le donne del maftoul di Gerico 

Una volta si usava farlo in grandi bacinelle di terracotta che aiutava molto di più della plastica per l’adesione dei granelli tra le dita ed il fondo che facilitava molto di più il lavoro, ora si fa nelle bacinelle di plastica perché pesano meno e risulta più veloce passarli da una donna ad un’altra.

Con tutto l’occorrente intorno la donna non si alza mai ma continua a ruotare le mani mettendo una manciata di farina e una spruzzata di acqua, il tutto dosato e preciso.

Una volta terminata una certa quantità, questa viene passata ad un’altra donne seduta vicino per continuare  il lavoro facendo passare il manufatto attraverso il ghurbal, setaccio con buchi grandi quanto la grossezza del maftoul che si vuole avere, la grossezza in genere è già determinata ed è di media grandezza in quanto questi nuovi grani sono più saporiti se non sono grandi e nemmeno molto piccoli.


Il maftoul  è molto conosciuto nell'area del Mediterraneo, portato dagli arabi in Sicilia e così pure in tutto il MO, ciò che varia è la presentazione, la cottura ed il condimento, questo sì che distingue il piatto da un paese all'altro. Il Maftoulالمفتول    è palestinese ed è considerato superiore agli altri in quanto è fatto a mano dalle donne e spesso viene confuso con il couscous كسكس  Magrebino molto usato in tutto il mondo e allo stesso tempo molto diverso sia come sapore che come qualità tenendo conto del lavoro impegnativo che sta dietro questo grano dorato profumato e delicato al palato. Maftoul si chiama anche in Giordania che a sua volta può essere fatto a mano o a macchina e da tenere conto che il 70% degli abitanti della Giordania sono palestinesi . Simile ma non uguale quello usato in Libano e in Siria e viene chiamato Magrebieh مغربيه In Palestina si usava e si usa ancora fare questo piatto tradizionale nelle occasioni di cerimonie funebri o in occasioni di festa e allegria che per tali motivi tante donne si mettevano  insieme a lavoravano il maftoul, questo aiutava a sollevare gli animi in caso di tristezza e di aumentare la gioia e la festosità in caso di matrimoni o battesimi ecc. ecc. 

Vorrei ricordare che nella società palestinese vigeva la forma di vita patriarcale allargata dove le donne provvedevano in comunione accordo, alla cura ed al mantenimento delle tradizioni tramandate sia del cibo che degli usi e costumi.  

Da piccola non avevo mai conosciuto il maftoul e a dire il vero nemmeno il couscous perché mia madre aveva i suoi piatti classici e non aveva forse nemmeno la curiosità di voler sapere come si mangia nei villaggi e nel mondo rurale, non vorrei con questo farle una colpa ma anzi la comprendo in quanto aveva passato un infanzia difficile e un matrimonio precoce giusto nel momento della proclamazione dello stato d’Israele(maggio del 48). 

Nel periodo delle grandi rivolte e dei fuggi fuggi, nel 48 nacqui  io con parto prematurocausato dallo stress e la fatica che i miei dovettero passare, correndo da una parte all’altra, Amman /Gerusalemme / Amman ed infine Gerusalemme per partorire e continuare a vivere in miseria, perfino il latte non si trovava e mi allattò una mia zia che aveva un bambino della mia età.Le trasformazioni del territorio e della gente che scappava e  trovava rifugio o da parenti in Cisgiordania o nei campi profughi. La divisione della Palestina ha procurato molto doloree disperazione e da lì tutto è cambiato e niente fu come prima (dice mia madre). Dalla disgrazia che ha colpito il mio popolo mio padre ha trovato lavoro presso l’UNRWA (l’agenzia delle UN) parlava bene l’inglese e l’italiano e così fu assegnato all’ufficio  censimenti,partiva la mattina verso i villaggi ed i campi profughi dei territori occupati per documentare e controllare il numero dei senza tetto e dei profughi che arrivavano dalle città e villaggi della Palestina storica.Mi raccontava il suo metodo di censimento violando le regole dettate, lui contava tutti i componenti della famiglia anche se alcuni non erano partiti verso i paesi del petrolio in cerca di lavoro, cercava di aiutarli in modo che prendano qualche kilo in più di riso o di zucchero ed avere almeno qualche diritto alle cure sanitarie. Ora basta tristezza

Torno al mio maftoul, se mia madre  non lo faceva mai, vedevo però mia vecchia zia lavorare tra “pollice e indice” tanti lunghi fili di pasta per fare una pastina molto famosa in Palestina che si chiama لسان العصفور    lingua d’uccello ed altri tipi di pasta per poi stenderla sui setacci di legno per asciugarla, ero piccolissima quando andavo a trovarla perché mi colpiva l’abilità nel girare le dita, faceva anche i tortellini chiamati “sheshbarak” ripieni di formaggio e qualche volta di carne macinata.
Sono stati gli arabi per primi a lavorare la pasta, la asciugavano al sole nel deserto e per secoli hanno lavorato la pasta a mano usando sempre frumento e farina e ricordiamo che i Cananei furono i primi a coltivare il frumento e di macinarlo tra due pietre (si usano ancora nei villaggi) a seconda della grossezza desiderata (per fare il burgul) e poi condirlo con ortaggi e carni rosse che all'epoca avevano a disposizione.

Io, il maftoul ho imparato a farlo soltanto da poco e questa mattina ho voluto provare a farlo da sola e con stupore sono riuscita a perfezione. Ho girato una mano sola perché non avevo un catino abbastanza grande per due mani e usando le mie 5 dita ho iniziato a girarle in senso orario e immaginavo pensavo alla danza dei DERVISH che con grazia girano e girano e così ho paragonato la manovra del فتل  anche alla danza araba molto distinta nel movimento del ventre e delle mani. Ho provato una sensazione emozionale che mi ha fatto ridere da sola come fossi in estasi come i dervish, non credevo ai miei occhi che le perline di maftoul mi venivano a perfezione stando molto attenta a dosare l’acqua e la farina.Appena raggiunta la misura necessaria ho passato i grani attraverso lo scola pasta per far uscire i frammenti di farina rimasti sul fondo. Ho messo una pentola piena d’acqua con un po’ di sale e 2 foglie di alloro e qualche pezzo di zenzero, all'ebollizione ho messo sopra un’altra pentola, che uso solitamente per la cottura a vapore con uno strato del maftoul appena fatto e un po’ di zenzero e di cipolla grattugiati e un po’ di anetoعين الجراده (occhio della cavalletta) e coperto con un altro strato di maftoul che non deve toccare l’acqua sottostante. Ho coperto il tutto con un telo che lasciava uscire il vapore in alto, dopo 15 minuti i grani erano cotti ed hanno raddoppiato il loro volume. Ho versato il tutto su un vassoio versando sopra un po’ di olio d’oliva e un cucchiaino di comino mescolando tutto insieme, una parte l’ho coperta con verdure cotte e l’altra lasciata in bianco perché a mio marito piace con lo yogurt come di solito mangia il riso. Non sono mancati i suoi complimenti anche se si considera una cavia per tutti i miei esperimenti.Per il condimento, lo si può condire con semplice salsa di pomodoro o con verdure passate in padella o anche con polpettine piccole al pomodoro ma “la sua morte” è Il Yakhniيخني   che si usa di solito in presenza di ospiti è composto da diversi tipi di verdure: ceci cipolle intere carote a rondelle zucchine melanzane e zucca a dadi e rosolati in olio d’oliva e coperti con il  brodo del pollo con pepe e sale cannella cardamomo e un po’ di comino e di aneto, l’aggiunta di pomodori è facoltativa.


il pollo bollito con spezie e verdure varie e ceci lascia cadere un liquido squisito su questa montagna di grani.

http://akhbar.alaan.tv/news/post/21496/palestine-maftool-festival-traditional-west-bank

http://www.panet.co.il/online/articles/110/111/S-726495,110,111.html

Il maftoul è molto famoso in tutta la Palestina e ogni anno si organizzano dei festival con un concorso a premi per i migliori piatti e in quell'occasione concorrono tante donne provenienti da diversi villaggi della Palestina e tutte in abiti tradizionali per presentare il piatto che viene sottoposto al giudizio di diversi chef che assaggiano e assegnano dei voti. Quello più famoso è quello di Beer Zeit appena concluso che è alla 6° edizione ed hanno partecipato 17 donne da 17 villaggi diversi con la partecipazione di più di 400 persone.

"Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare." Albert Einstein

martedì 1 ottobre 2013

WARAQ ELSAN ”ورق لسان او لسينه“ "lingua del toro o di vacca”

E’ una pianta erbacea commestibile selvatica perenne con foglie basali a forma di rosetta, si trova nei prati soleggiati del mediterraneo ed anche in Europa e per questo motivo si chiama Salvia pratensis che significa anche : salvo, guarisco, sano, per le molte virtù.  Il termine usato pratensis fa riferimento all'habitat preferito: prati e altri terreni erbosi preferibilmente aridi e magri, si ritrova anche lungo le strade e zone ruderali.


La salvia dei prati prende origine dalla salvia coltivata, è una pianta perenne, alta anche oltre i 50 cm e con radici molto lunghe, che si distingue facilmente anche da lontano per i suoi fiori intensamente violacei. 
Prima della formazione dello stelo e della fioritura presenta una rosetta basale facilmente riconoscibile per la rugosità delle foglie che sono larghe e appuntite lanceolate mentre i fiori sono di color violetto azzurro, essendo a forma di lingua in Palestina la chiamiamo “lingua del toro o di vacca” è molto simile alla borragine. 
In Palestina si presenta molto più larga di quella che trovo qui e perciò la si deve tagliare in 3 o 4 pezzi, ricordo che quando la vedevo(40/50 anni fa) mi sembrava di vedere una “tovaglia” o un “fazzolettone”, forse perché ero piccola e per me sembrava molto grande, comunque in casa mia non l’abbiamo mangiata che poche volte e mia madre diceva che costava molto e preferiva le foglie di vite o di coste anche se costavano molto pure quelle ma di sicuro non la prendeva perché era una erba da campo e lei figlia di un italiano non aveva mai creato dei contatti con il mondo rurale/ contadino(in campagna non andavamo mai) perché le città come Gerusalemme erano separate completamente dai villaggi, erano le contadine che venivano in città per portare i loro prodotti. Mio padre invece conosceva bene tutti i villaggi palestinesi in quanto lavorava per conto dell’ UNRWA (l’agenzia delle nazioni unite nata nel 50 in seguito alla cacciata dei palestinesi nei campi profughi). “Torniamo alla lingua del toro”, erano passati molti anni prima di rintracciarla qui in Italia, l’ho ritrovata dopo più di 30 anni e solo quando comperai un pezzo di terra dove in mezzo a tante erbe cresceva anche questa bellissima pianta e da lì cominciai a pensare alla mia infanzia e presi a raccoglierla e sperimentare la sua cottura ed assaporare di nuovo il suo speciale sapore e odore. Ripresi a studiarla come faccio di solito con le erbe spontanee ed anche arrotolare le sue foglie riempendole di riso e carne o riso e verdure insieme a qualche pomodoro e qualche zucchina e cipolla (sempre scavate e riempite con lo stesso ripieno).


Grazie alla “mia diaspora e all'Italia  ho potuto rivedere tutta la mia vita cominciando dal basso e dalle piccole cose che da giovane non avevo mai conosciuto.
La trovo nel campo in primavera/estate con fioritura che si protrae in autunno in seguito agli sfalci e così pure nel mercato di Gerusalemme ma molto meno frequente per le difficoltà che ho citato nell'articolo precedente (difficoltà di movimento e di divieto di raccolta) diventa molto raro trovarla con le contadine che stentano di arrivare nelle città a vendere questa delizia ormai in via di scomparsa perché la nuova generazione di giovani sono ormai indirizzati verso il fast food e il cibo facile che mantiene intatte le unghie ricamate e non fa perdere ore di lavoro per prepararla (battuta cattiva lo so).
Di sicuro è un piatto tipico palestinese molto importante da far conoscere, qui in Italia di sicuro la conoscono in qualche parte e la cucinano “forse” come verdura lessa o in insalata, in quanto è presente e viene spesso calpestata senza sapere il valore dietetico che racchiude. 

E’ molto importante però che venga raccolta in terreni lontani dai bordi stradali e in luoghi non trattati da pesticidi.                                                                                        
N.B: va comunque lavate bene e sbollentata prima dell’uso.


Le foglie fresche si possono mangiare insieme ad altre piante e fiori da campo nell'insalata insieme a malva, borragine  alcune foglie di crescione e rucola, cuore di tarassaco o cicoria di campo, con un ciuffo di prezzemolo e di rucola e si condiscono con una emulsione di olio extravergine di oliva e limone.

Mi sento felicissima di averla ritrovata e riprendere ad usarla sia come pianta curativa che in cucina e farla assaggiare agli amici e compaesani che purtroppo non l’avevano più ritrovata dal momento della loro diaspora. Noi, palestinesi la chiamiamo LSAENEH oppure “WARAQELSAN” ورق لسان او لسينه ,difatti “lingua” di toro o di vacca fa lo stesso è importante aver la riscoperta anche se mi fa passare delle ore a cercarla in mezzo alle erbacce, prima che mio marito falciasse il terreno e così salvare queste fantastiche foglie dalle lame del falcetto. Mi capita a volte di portarla giù in Palestina ma mia madre ormai tanto vecchia non si fida del cibo che propongo e mi considera ancora giovane inesperta come allora, ma la mia costanza e determinazione l’hanno fatta cambiare idea sul mio conto e spesso assaggia i miei piatti palestinesi che lei non aveva mai fatto, la vedo più malleabile e senza pregiudizi perché ha capito che nella disgrazia dell’abbandono e della lontananza sono riuscita a completare ciò che lei non ha potuto insegnarmi. 

Scusate la deviazione, purtroppo non si può conservarle (le foglie naturalmente) in freezer come si fa con le foglie di vite in quanto questa foglia e molto delicata ed in freezer perde il suo colore sapore ed il profumo che la distingue e diventa “erba e basta”.
Per questo motivo mi procuro quanto basta per alcuni pasti durante la primavera/estate da mangiare con amici e famigliari e se avanzano un po’ di foglie le regalo ai miei compaesani. 

I suoi lati curativi??? Sono tantissimi ma io menziono solo alcuni: Rinforza l’organismo e le difese immunitarie e dà carica di energia contro lo stress e la fatica fisica, aumenta la produzione di adrenalina ed aiuta a superare le situazioni emotive.Contiene saponina e sostanze lamiacee oltre ai minerali come potassio e calcio. La si può usare per curare gli eczemi della pelle e per la tosse e le complicanze dell’influenza. Viene usata anche in fitoterapia come febbrifugo, antisettica espettorante, digestiva e depurativa. Si può trovarla anche pronta dal droghiere mescolata ad altri estratti di erbe curative.

"Di tutti questi popoli oppressi (Angola, Sud Africa, Zimbabwe  solo i palestinesi sono stati totalmente sradicati dalle loro terre, essendo loro negato il diritto di viverci e di goderne i frutti" (Seconda Conferenza Internazionale di Appoggio ai Popoli Arabi, Il Cairo, 25-28 gennaio 1969).

(tratti da "Lotta del popolo palestinese", introduzione di Guido Valabrega e a cura di Carlo Pancera, Feltrinelli Editore, 1969, Milano).


Ricordo che siamo sempre disponibili a preparare dei pasti tipici per far conoscere le virtù e le delizie che un popolo fa resistere per farli sopravvivere in eterno(spero).