E’ considerato un piatto completo e sano per i suoi ingredienti biologici (se consumato nelle zone rurali) e contaminato se lo si consuma nelle grandi città o perfino in giro per il mondo. I suoi ingredienti sono semplici e a portata dei contadini: ceci (legumi che sostituiscono le proteine e carboidrati) limoni (tutti conosciamo i benefici), tahina (deriva dai semi di sesamo privi di colesterolo e protettivi delle coronarie, ecc ecc.), comino (anti gonfiori intestinali e disinfettante), aglio (usato sia per l’aroma che per il suo effetto antinfettivo intestinale), per tutte queste ragioni possiamo dedurre che chi consuma l‘Hummos è sicuro che non avrà né male di pancia e nemmeno intossicazioni per la presenza del limone maggior disinfettante.
L’Hummos oggi si presenta in mille modi diversi ed ha raggiunto tutto il mondo arabo ed anche l’Occidente e le Americhe grazie alla presenza di palestinesi e di arabi in giro per il mondo, lo si trova in vasi, vasetti o in polvere o anche in scatole di latta che in mancanza del piatto originale soddisfano il palato. Quello che spesso mi fa arrabbiare è spacciare per Hummos (con la H maiuscola) una salsa di ceci schiacciati a volte senza limoni a volte senza tahina (perché costa molto) e sempre senza l’aglio ed il comino. Di queste carenze si può accorgere soltanto un buon mangiatore di Hummos ed un palestinese doc.
Mi chiedo sempre perché ci hanno tolto e ci tolgono in continuazione anche la cultura del cibo “tipico”, ma la risposta è subito fatta: un popolo in difficoltà come il nostro lo vedo come Gesù Cristo torturato, picchiato, affamato e spogliato per cose che non ha commesso e come Gesù continua a subire le discriminazioni e le oppressioni per salvare dal peccato altri popoli mentre tanti altri guardano con indifferenza. Verrà il giorno in cui non potranno dire “non ho visto”.
Torno al mio piatto di Hummos che mi ricorda come lo mangiavo da piccola: l’ Hummos non si faceva mai a casa ma si andava da “Abu Shukri”il più famoso venditore di Hummos in tutta la Palestina, gestiva una piccola bottega dove teneva due fuochi sempre accesi con sopra due calderoni di rame con dentro il ceci in ebollizione a fuoco molto lento un altro calderone per le piccole e caratteristiche fave palestinesi.
La mia famiglia mangiava l’Hummos una volta alla settimana e cioè di domenica mattina perché eravamo tutti a casa, qualche volta durante la settimana se avevamo degli ospiti, perciò si andava da Abu Shukri al mattino (non tanto presto) con 1 o 2 piatti fondine e si faceva la fila per arrivare a lui che pestava nel “HAWEN” (mortaio in marmo od ottone )davanti a noi “bambini” i suoi ceci deliziosi, aggiungeva gli ingredienti ad uno ad uno finchè non otteneva una crema liscia e chiara.
Non riusciva a fare più di due piatti alla volta perché non poteva gestire tanti ceci insieme e perché lui sapeva dosare le dosi giuste per ogni piatto (non doveva sapere di tahina o di aglio o di comino ecc ecc, ogni cosa aveva il giusto dosaggio e gusto). Quando la crema era pronta consegnavo il piatto ad Abu Shukri dicendo la frase classica di mamma “twassa fina” (trattaci bene), cosa voleva dire con questo mia madre? L’ho capito molto tardi che voleva dire che abbia riguardo e riempia il piatto di hummos se voleva averci come clienti fissi(noi eravamo già clienti fissi dato che c’era solo lui che lo faceva così buono) , lei non sapeva che le dosi erano quelle e non ti metteva in più nemmeno un cecio. Il piatto era sempre lo stesso, una fondina (credeva con questo di ingannare Abu Shukri) bello grande e in porcellana.
Abu Shukri con dimestichezza ed arte girava a cerchio la crema nel piatto con un bordo rialzato dove appoggiava qualche cecio ed una presina di paprica dolce qualche volta del prezzemolo e nel centro metteva una cucchiaiata di FUL (fave stracotte con limone olio e aglio pestato che mi faceva colare la saliva). Una volta arrivata a casa tenendo stretto il piatto di porcellana inglese lo mettevo al centro del tavolo vicino al pane caldo appena comperato da mio fratello ed un piatto di pomodori tagliati a fette da mia madre, ci sedevamo a tavola tutti e sei ed iniziavamo a servirci direttamente dallo stesso piatto. Notavo sempre mio padre guardare noi mentre ci davamo sotto e lui si limitava a godere lo spettacolo dei figli affamati intorno a lui in una domenica mattina quando le tragedie non avevano ancora completato l’occupazione della Palestina con tutte le sue piccole bellezze.
Con tanta modestia e rispetto e semplicità vi dico: ecco il mio povero ma ricco piatto di ceci “Mudammas” che ho cercato diversamente da mia madre a fare da sola e da tanti anni per vivere i piccoli momenti di gioia e dolore che mi ricordano un passato di un popolo ormai lontano che spero possa tornare glorioso.
Siamo sempre pronte a fare il servizio a domicilio perché Abu Shukri siamo noi.
Abu Shukri a Gerusalemme ... l'hummus più buono della mia vita.
RispondiEliminaGrazie care amiche
Mi avete fatto piangere...non riesco a dire altro...grazie!
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