martedì 9 luglio 2013

UNA CENA “TIPO ” DELLE NOSTRE ULTIME CENE…….

 …Organizzate in questi ultimi giorni a Schio e a Resana e qualche tempo fa a Padova con l’Arci e Este e presto abbiamo un’altra in programmazione a Padova insieme all’associazione Dott. Clown per raccolta fondi per il nostro ormai famoso progetto: 

“Campo Estivo rivolto alle donne e bambini del villaggio di Artas”

Tutte le nostre cene sono considerate della resistenza e portano avanti informazioni su “cosa mangiano i palestinesi”, così facendo riusciamo forse a far sopravvivere l’identità culturale delle famiglie e delle donne in particolare, cosa che mi ha sempre colpita positivamente ed incoraggiata ad andare avanti insieme alle persone che credono nei nostri progetti che mirano a rivalutare il nostro “slow food” che sta avendo dei problemi seri a causa dell’ingresso nella società palestinesi del fast food straniero con tutto ciò che porta dietro di bevande e bibite. 
In Palestina questo fatto non dovrebbe accadere in un momento storico molto difficile di occupazione e trasformazione con metodi sottili usati da chi colonizza la nostra terra con intenzione di cambiare le abitudini culturali e culinarie che fanno della Palestina la “storia dell’identità sociale”. La Palestina non deve abbandonare o sostituire il cibo storico per correre dietro all’hamburger con il suo dannoso condimento che invoglia bambini e mamme delle città che spesso sono le prima a rincorrere questo cibo esotico che s’infiltra nei paesi del terzo mondo colpendo le classi sociali più ricche e nel caso della Palestina le donne che iniziano a non cucinare più e trovare tale cibo più comodo e più economico e più semplice da reperire.
Il fast food esiste già in Palestina, è un piatto invidiato e copiato da tutto il mondo, cibo chiamato da strada, completo e nutriente e non dannoso per la salute. Spesso quando scendo in Palestina cerco di consumarlo sia come panino o seduta nella bottega di Abu Shukri che prepara il falafel ed il hummos più squisito della città con le bevande fresche di carote o di melograno o il succo di limone con la menta.
Per tornare alle nostre cene, scopriamo con tanta gioia che ogni volta partecipano tante persone nuove che ci onorano con la loro presenza che accolgono l’invito sia per contribuire al progetto ma anche per mangiare il buon “cibo palestinese della resistenza” preparato con impegno e rigorosamente simile a quello fatto nelle case palestinesi. 
Nessuno può immaginare la nostra gioia nel vedere Odilla impegnata ad organizzare una serata a tutto punto con la sua vena artistica, o Lucia di Este, Silvia, Chiara, Pina, Francesco e Andrea ecc, che si mettono in gioco per rendere la serata interessante dandomi lo spazio per presentare i piatti e le spezie usate oltre all’informazione generale sulla vita in Palestina e sul progetto motivo di tutto questo movimento di donne.
In preparazione di ogni serata, la mia cucina si trasforma per una settimana in una cucina pubblica, sul muro, trovate attaccato il MENU’ che preparo molto in anticipo, sistemo tutta la spesa necessaria in tutti gli angoli della cucina(fortunatamente grande). Il giorno dell’evento è molto movimentato che mi mette in ansia per la paura che qualcosa non funzioni all’ultimo momento o non sia come l’avevo progettata in testa mia.
All’ora x si parte (per qualsiasi città) con le pentole ed i vassoi carichi di tutto: pane, focacce involtini e dolci, tutto già tagliato e pronto per non trovarci dopo nella confusione totale.
La nostra energia e dico nostra perché siamo una squadra importante di 4/5 donne (Fatima, Silvia, Franca,Anna Maria e Renzo il grande collaboratore). 

       

Portare avanti la nostra nuova esperienza nel villaggio ci farà incontrare una trentina di donne faccia a faccia ed interloquire con loro e parlare di problemi comuni delle donne e dell’infanzia che ci permettono di confrontarci su argomenti cari a loro e permettere contemporaneamente a noi di poterle aiutare senza arrogarci il diritto di invadere o offendere la loro privacy per voler sapere ciò che loro non intendono raccontare o rivelare. I nostri principali argomenti saranno dedicati alla cucina ed alla prevenzione e cura e salvaguardia dell’ambiente e dell’identità culturale. La storia del villaggio “Artas” sappiamo bene che era nota per la presenza di donne famose e non che hanno scritto e raccontato per più di 150 anni (festeggiati l’anno scorso), la generosità e la bellezza dell’ambiente e degli abitanti. Noi ora e dopo diversi anni che li frequentiamo possiamo essere pronte per continuare questo filo storico in un momento in cui le condizioni economiche e sociali in questi ultimi 50 anni sono cambiate portando 4 mila persone in uno stato di povertà e degrado.
Aver scelto la cultura del cibo ci rende merito nel capire le usanze e le tradizioni di un piccolo villaggio simbolo di una dura resistenza culturale, civile ed umana per dimostrare che, ci si può rialzarsi ed andare avanti perché la Palestina è storia la Palestina è cultura la Palestina è vita e libertà.
        
Le nostre cene tipo sono semplici ma ricche di racconti di storie, di dimostrazioni e di scelte specifiche di alcuni piatti tipici che spesso la Palestina rischia la loro assimilazione o la loro estinzione.
Assimilazione da parte dell’occupante che ormai ci ha rubato il meglio della nostra eredità cultura e l’estinzione come conseguenza dal vocabolario culinario palestinese.

I nostri piatti freschi base che sono le salse tipiche: hummos, shatta piccante, cetrioli con yogurt ed anche babagannoug.
Piatti con verdure fresche tipo tabbuleh con burgul fine e tanto prezzemolo pomodori e na’na’(menta) o insalata mista di pomodori cetrioli cipolla menta tagliata fine da accompagnare alla “mujaddara” oltre allo yogurt che spesso facciamo in casa.

Piatti a base di pasta pane; oltre al pane fatto in casa tipo shraq (steso sottile e cucinato sulla piastra), pane tipico arabo da farcire e spalmare, pagnotte da ½ kilo impastate con la nigella, con l’origano o con la curcuma, involtini “sambusek”con spinaci o con za’tar verde o con cavolfiori o con cipolla e carne, focacce “manaqish” con pasta pane spruzzato con olio d’oliva e polvere di “mescolanza di za’tar (origano) con le spezie”.

Piatti di riso con i ceci e curcuma, riso con lenticchie, riso con hashweh ousi con piselli carne e carote.
Piatti di maftul (cous cous palestinese) con verdure stufate o carne o qualsiasi altro condimento.
Piatti di burgul (frumento spezzato grosso o fine) con lenticchie o asciutto.
Piatti di zuppa di lenticchie e di ceci con cipolle.

Dolci con datteri, noci “ka’ek u ma’mul” 
Dolci con semi di fieno greco “hilbeh”
Dolci con yogurt “basbuseh” o harisseh.
Biscotti alle varie spezie “noce moscata, curcuma, zenzero e cannella”.
Budini e creme varie al riso o semolino o amido e all’acqua di rose.
Thè alla menta e alla salvia.
Tisane alle varie spezie.

Grazie a tutti coloro che hanno sempre creduto in noi e continuano a farlo partecipando alle nostre iniziative di solidarietà verso un popolo che lotta ogni giorno per la sua libertà “giusta”.
Bassima e Fatima.


Mi dicono: se trovi uno schiavo addormentato, non svegliarlo, forse sta sognando la liberta’. Ed io rispondo: se trovi uno schiavo addormentato, sveglialo e parlagli della liberta’. 
Jubran khalil jubran

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