venerdì 20 settembre 2013

ZA’TAR o الزعتر

Oggi vorrei parlare un po’ dello ZA’TAR o زعتر come lo pronunciamo noi in Palestina, lo za’tar o origano o timo suo parente stretto è semplicemente una pianta perenne, la si può considerare una pianta selvatica antica e resistente che cresce nei campi del Mediterraneo arabo della Syria, Libano e Palestina.


I Palestinesi da millenni  raccoglievano questa pianta in primavera quando ancora fresca e tenera e la mangiavano con pane e olio d’oliva oppure la aggiungevano all’impasto del pane o anche dentro ad un semplice fagotto insieme alla cipolla ed al summacco (anch’esso una pianta selvatica famosa palestinese) ed all’olio d’oliva diventando così un piatto rituale della stagione come tanti altri piatti tipici da cucinare nei forni all’esterno della casa. 

Lo Za’tar che viene più frequentemente consumato in Palestina è quella “mescolanza” fatta di foglie di origano seccate e macinate insieme ad altre spezie oltre al summacco ed al sesamo tostato che varia da una regione all’altra sia come colore e sapore a seconda delle spezie che si aggiungono. Nei mercati troverete Za’tar verde o giallo/senape o rosso ed i palestinesi conoscono la provenienza: Nablus, Gerusalemme, Hebron o Gaza (chiamato anche za’tar ducca  زعتر الدقة)  ed ecc ecc.


مكونات الزعتر من اليانسون والكزبرة والكمون والقضامة والسماق وبزر دوار الشمس والسمسم والملح و ورق الزعتر

Questo benedetto ZA’TAR divenne una forza culturale e simbolica in Palestina quando fu vietato ai palestinesi la raccolta dello za’tar dopo il 48 perché l’autorità israeliane da quel momento  hanno considerato quella terra “proprietà dello stato” dichiarando lo za’tar una “pianta protetta”.Ciò che il governo israeliano chiama “state land” fu originariamente terra espropriata dai suoi proprietari nativi palestinesi. Più tardi a queste “nuove regole” che ritengo siano delle forme di repressione  anziché di conservazione dell’ambiente sapendo bene che tagliando l’erba la si rinforza e non si danneggia, l’origano prende un’altra forma ed un altro significato:  ora viene coltivato e diventa un vero e proprio simbolo della resistenza che si diffonde e si riconosce come tale anche fuori dalla Palestina e direi anche in tutto il mondo attraverso I visitatori e gli attivisti che solidarizzano con la causa palestinese. “IL CIBO A VOLTE E’ PIU’ DI QUALCOSA DA MANGIARE” dice Jeff Klein. Ed io aggiungerei: è dignità è rispetto è condivisione è anche preghiera   


Ed è per questo che dico sempre di rispettare questo cibo palestinese ed aiutare i palestinesi a mantenere intatte queste millenarie tradizioni senza pasticciare inconsapevoli del valore culturale e simbolico necessari per la conservazione di questo popolo.
“CIBO E POPOLO VANNO A PARI PASSO”


I contadini palestinesi lo chiamano “la gioia dei monti”che viene dal Greco“oras" (جبل)  "ganos" (مفرح أو مبهج) , perché predilige le zone collinari e rocciose oltre alla Palestina in abbondanza anche  nelle pinete della Syria e del Libano in quanto emana un profumo forte e caratteristico dal sapore un po’ piccante e un po’ amaro .

لن يدخل الزكام منزلاً في مطبخه ضمة زعتر بري

Non entra il raffreddore in quella casa in cui si trova un mazzetto di origano!

Oltre all’uso dello za’tar in cucina e in tavola non possiamo ignorare alcuni suoi benefici sulla salute e vi garantisco non sono pochi. E’ ricco di vitamine che assicura gran parte delle unità necessarie nutritive all’organismo, è antiossidante e efficace anche per eliminare l’ameba intestinale. Lo si può bere come una tisana con miele contro la tosse canina e bronchiti e raffreddori, o anche per disintossicare e purificare il fegato i reni e lo stomaco. Lo za’tar serve anche per rafforzare il sistema immunitarie insieme alla nigella ed allo zenzero ed anche per abbassare il colesterolo e distruggere i microbi (elicobacter) dello stomaco.

Insomma non posso elencare tutte le caratteristiche di questo “farmaco” speciale che tutti i palestinesi conoscono non solo come alimento ma anche come fonte di benessere fisico e psichico. Ricordo sempre mia madre che mi correva dietro mentre andavo a scuola con un panino di “za’tar u zeit” perché diceva anche lei che rafforza la memoria e fa ricordare allo studente tutta la lezione specialmente quella di storia, sarà una credenza popolare! Ma ha sempre funzionato.

E qui mi fermo ma non posso non terminare con la famosa frase dello scrittore “SALMAN NATOUR” tratta dal suo libro “memorie”

"chi non ha memoria lo mangiano le iene ."

giovedì 12 settembre 2013

Riflessione: Cos'è la cucina per me.

La mia decisione di cominciare a mettere giù alcune annotazioni sul cibo palestinese nasce dopo aver fatto tanti anni di lavoro sull'identità culturale palestinese attraverso mostre e incontri e serate su personaggi illustri che della cultura hanno fatto grande la nostra storia nonostante i cent’anni di oppressione e distruzione delle strutture e dei fondamenti di un paese che vanta il più alto numero di alfabetizzati e laureati in tutto il M.O ed io direi (nonostante la tragedia) in tutto il mondo basta leggere il libro “cent’anni di cultura palestinese” di Isabella Camera d'Afflitto
Quarantacinque anni in Italia non sono pochi per sviluppare una presa di coscienza matura e chiara per valutare quanto si è marciato in tutti questi anni su questa benedetta causa mai risolta e sono sempre convinta che i troppi aiuti umanitari verso la Palestina hanno viziato l’essenza del problema e creato dipendenza collettiva inducendo una larga fetta di popolazione ad abbandonare il lavoro per il quale hanno studiato per inseguire lavori umanitari di sussistenza con le ONG internazionali che da 60 anni operano in Palestina. Con questo non vorrei assolutamente criticare i benefici avuti sul terreno ma a lungo andare si è creata di fatto una dipendenza di comodo che difficilmente si potrà mai liberare.
Guardando il film di Norma Murcos “speranza velata” ho osservato le parole sacrosante che  AL-BARBARI, YUSRA (1923)  studiosa e pluripremiata e conosciuta a livello internazionale  che condannava il fatto che la nostra causa sia stata barattata con qualche kilo di farina o zucchero che le UN da più 60 anni distribuiscono ai nostri sfollati che sostano ancora  nei campi profughi vivendo di sussistenza accatastati e lasciati a se tessi senza il diritto alla giustizia ed al ritorno.
Dato che considero il cibo come la prima identità di un popolo e la colloco nei piani più alti della classifica in quanto ritengo che l’arte del “cucinare” è del popolo (massaie e cuochi) ed in particolare dei nostri contadini che lavoravano senza sosta per coltivare gli ortaggi e la frutta biologica che il mondo c'invidiava, ma siccome la nostra arte culinaria è millenaria sarà molto difficile assimilarla ed estinguerla nonostante i tentativi degli occupanti che prima  sradicano gli alberi e poi confiscano le terre e rubano l’acqua  lasciando i contadini  in una specie di limbo ignari del loro futuro e disperati per uno stato di impotenza di fronte ad una potenza militare e sociale come mai vista in nessun paese al mondo. 
Ecco che mi diletto a portare avanti una mia piccola risorsa di cercare le informazioni  per dare voce al mio cuore che resta sempre interamente palestinese per raccontare prima a me stessa e miei figli e dopo agli amici e fidati che mi accompagnano nella mia vita quotidiana e nei piccoli progetti in favore dei un piccolo villaggio palestinese ad “Artas” che mi da l’input di fare qualche critica e qualche mea colpa per aggiustare qualcosa di questo puzzle al quale manca sempre qualche pezzo. Perciò cucino e cucino e cucino con le mia amiche che da anni collaborano con me (Silvia e Fatima) e sperimentiamo le cene, i buffets, gli assaggini e gli aperitivi che spesso offriamo in cambio di qualche aiuto per i nostri progetti, Fatima è una professionista del PC diventa una risorsa per pubblicare nel blog le mie “pseudo ricette” che raccontano con semplicità la storia del piatto più che la ricetta stessa che si può trovare in internet o in facebook magari stravolta e monca della sua essenza . Silvia è la nostra prof. di italiano e ci aiuta nel lavoro che riguarda la preparazione ed il racconto dei progetti. Per noi invece è importante studiare e cercare i motivi ed i modi di mangiare di una popolazione che ha subito diverse invasioni ed occupazioni che nonostante tutto non hanno scalfito ma rafforzato il legame e la professionalità nella cultura palestinese in generale.
Spesso passo delle ore nella ricerca sia nei libri che nei siti arabi che inglesi per capire questo sublime legame fisico e spirituale del palestinese con la terra e di seguito con il piatto.
Racconto qualche aneddoto di me e di mia madre e come vedevamo il cibo e come mia madre ormai 80 enne sceglieva le materie prime che ormai non ci sono più, non solo per causa dell'occupazione ma della nostra colpa come palestinesi che a volte corriamo a cercare il cibo facile “fast food” che danneggia la salute e anche la  causa.
La nostra lotta per la nostra conservazione come popolo passa per forza attraverso la conservazione delle nostre tradizioni e usi e costumi. In questo momento storico non dobbiamo accettare di barattare la ns storia culturale con del cibo facile e veloce.  

Saluti da Bassima

martedì 10 settembre 2013

Al Musakhan مسخن

Tra i mille pensieri e mille domande che mi assillano, spesso non riesco a rispondermi anche se so che l'ingiustizia sia quasi sempre la causa dei mali di tutto il mondo e quando penso convinta che un giorno  un barlume di luce ci sarà per illuminare quel piccolo pezzo di terra molto amato e molto odiato, amato dai suoi cittadini oppressi e oppressori che in tutti i modi hanno cercato di distruggerlo e di  ricostruirlo in maniera diversa per impedirci di amarlo e costringerci a non riconoscerlo, le pietre gridano, gli alberi gridano e le persone gridano e non si arrendono convinti come me che un giorno il cerchio si fermerà lì, il treno si fermerà lì, ed anche il Cristo si fermerà lì come una volta per curare le ferite e ridare il sorriso e rimettere le cose al loro posto dicendo: “la terra è di tutti coloro che la abitano” .      

Quella terra l'abbiamo abitata da secoli ed il nostro legame è forte e vero, noi moriamo per lei, siamo incollati al suo cospetto per una identità cultura storica solida e resistente.
La cucina palestinese fa parte della cultura della resistenza come per il ricamo e l'artigianato nonostante tutte le angherie ed i soprusi che non fanno altro che rinsaldare questo legame in attesa di un riscatto e di una giustizia che verrà.
Il piatto che propongo oggi è il Musakhan مسخن, piatto tipico rurale contadino con un legame forte alla terra a rischio assimilazione e scomparsa dai menù palestinesi.
Il piatto Musakhan è il piatto più popolare e tradizionale della Palestinese, viene di solito preparato nella stagione della raccolta e la spremitura delle olive invitando parenti e amici intorno a questo piatto delizioso per festeggiare la generosità di Dio.
E' considerato un piatto tipico del nord della Palestina ma viene consumato anche in tutto il resto del paese ma con delle modifiche a seconda della stagione o della regione. Essendo considerato il piatto più “grasso” di tutti i piatti tradizionali, alcune regioni ed anche massaie hanno cambiato un po' i dosaggi per renderlo meno pesante ma i contadini dichiarano “se l'olio è buono, di sicuro non darà nessun problema” ed io do atto a questo.    
L'ingrediente principale di questo piatto è il pane taboon fatto esclusivamente nelle zone rurali e cotto su sassi ardenti e in forni a legna con paglia e sterco secco di animali che gli conferiscono un sapore ed un profumo tipico e particolare. Questo pane viene sommerso d'olio d'oliva e coperto con tanta cipolla tagliata a striscioline e rosolata con l'aggiunta di tanto summacco (ingrediente determinante raccolto anch'esso fresco di stagione). Si mescola il tutto e si mette sopra il pane già grondante d'olio. Sopra questa base deliziosa va messo il  pollo lesso tagliato in quattro pezzi e salato e pepato, alla fine si annaffia il tutto con il brodo e si mette finalmente nel forno sotto il grill per la doratura e si serve coperto con mandorle e pinoli tostati (si può fare anche con altri tipi di volatili)
Un pane per persona con sopra un quarto di pollo sono sufficienti ed una volta fuori va mangiato rigorosamente con le mani.  
Questo è il piatto originale che continua ad essere consumato da millenni nella maggior parte della regione del nord Tulkarm, Jenin, Nablus ecc ecc. dove questo piatto nasce, ma per motivi di praticità e di risparmio di olio (grazie allo sradicamento di migliaia di alberi) e perché spesso non ci sono le stesse condizioni sia per il pane “cuore del piatto” che per la quantità enorme d'olio d'oliva; tanti chef e massaie hanno provato a presentare e a malincuore una versione moderna ed elegante usando il pane sottile shrak o marquq cotto su piastra di ghisa convessa oppure il pane “finto Taboon” fatto nei forni del pane comune. 
La versione del shrak è quella che si presta di più, perché si arrotola dopo averlo spalmato di olio e messo tutti gli ingredienti esattamente come la ricetta originale ma con pollo disossato, in questo caso lo si può servire nelle case e nei ristoranti senza sporcarsi le mani e senza ingerire tanto olio che risulta a volte pesante per chi non è abituato o chi ha problemi di stomaco (anche in questo caso si spruzzano i rotoli con poco brodo e si allineano in una teglia da forno per la doratura più o meno croccante). Vicino a questo piatto si può servire anche dell'insalata con pomodori e dello yogurt oltre alle olive e sottaceti. 
In aprile 2010 fu cucinato il più largo piatto di Musakhan mai preparato prima ed entrato nel Guiness dei primati mondiali, 4 metri di diametro ed un peso totale di 1350 kg. ha impiegato 40 cuochi ed usato 250kg. di farina, 170kg di olio d'oliva, 500kg di cipolle e 70 kg di mandorle tostate.
Questo progetto è stato pensato 1 anno prima per espletare le pratiche burocratiche e 3 mesi prima dell'inizio di preparazione per poi arrivare al 16 aprile del 2010 per dichiarare la vincita alla presenza del primo ministro Fayad che lo descrisse come un riconoscimento in onore del popolo palestinese. Questo riconoscimento ha una grande riscatto e valore culturale ed invia un messaggio al mondo per rivendicare i suoi legittimi diritti.
Non è stato facile registrarsi nella lista dei canoni e le misure del concorso, per arrivare alla fine alla vittoria del piatto con eccellenza e combattere nello stesso tempo i prodotti israeliani degli insediamenti e la promozione dei loro piatti locali. 
Questa vincita conferma la volontà di conservare l'eredità culturale contro la prepotenza israeliana che cerca di impossessarsi di questo piatto presentandolo ai turisti e nei ristoranti israeliani nel mondo come piatto popolare israeliano, certo che questo piatto ha anche viaggiato insieme ai profughi ed agli immigrati e si è confermato anche nella diaspora palestinese in giro per il mondo e così che tante altre persone l'hanno conosciuto e rispettato comepiatto musakhan palestinese” صحن المسخن الفلسطيني

Purtroppo capita spesso a tanti piatti tipici palestinesi di prendere nomi e gusti nuovi in quanto le persone li trasformano, per l'uso sbagliato sia del nome che del contenuto e così troviamo un piatto di Hummos che diventa “ummus”, falàfel con l'accento sulla a in falafèl sulla è ed il Maftul che diventa cous cous e la Tabbuleh che diventa tabulè ed il peggio quando viene fatta con il cous cous magrebino invece del burgul e la rovesciata che viene fatta con qualsiasi tipo di riso mettendo dentro di tutto senza l'accortezza di chiedere spiegazione.
Un'altra cosa molto importante che mi permetto di denunciare, sono i corsi di cucina palestinese che spuntano come funghi e sono insegnati  da persone incompetenti che hanno FORSE mangiato una o due volte del cibo palestinese o hanno visitato una volta la Palestina, fanno il Hummos senza tahina o senza limoni o fanno i falafel duri come pietre ecc ecc. e tutto questo lo fanno in buona fede per aiutare questa benedetta causa palestinese,  uccidendo l'identità culturale che mette la firma d'abilità culinaria delle donne palestinesi che dovrebbe invece essere unica risorsa vera e legittima.   

Purtroppo le nostre condizioni di popolo occupato ed usurpato delle sue eccellenze a cominciare dal suo legame fisico e spirituale con la terra (intesa come terra rossa fertile) e dalla quale deriva questo piatto millenario, ci lasciano disorientati e sconcertati per la perdita della casa e dei beni oltre alla perdita più grave che è la terra .

Grazie per chi mi leggerà e chi mi chiamerà per una cena tipica palestinese .

Mi basta morire nella sua terra
Ed esservi sepolta
E sotto la sua polvere svanire e consumarmi
E rinascere erba sulla sua terra
E rinascere come un fiore
Colto dalla mano di un bimbo che cresce al mio paese
Mi basta divenir nel suo grembo
Polvere
Erba
E un fiore       
Fadwa Tuqan (poetessa della resistenza)