lunedì 15 luglio 2013

La pianta del limone “Regina della frutta”

Il limone (ليمون) è una pianta molto antica della famiglia degli agrumi, inizia il suo viaggio dalla zona montana della Cina meridionale al Pakistan e dalla valle dell'Indo raggiunge la Mesopotamia e da lì si sposta verso il  medio oriente e la Palestina ed a oriente verso il Mediterraneo e nell’antico Egitto dove ebbe iniziò la loro coltivazione circa 2400 a.c. In Europa è stata introdotta da Carlo Magno in seguito alle sue dominazioni ed in Italia dagli arabi. In Egitto è stato usato per la cosmesi ed i profumi e per l’imbalsamazione dei cadaveri e per la conservazione dei cibi. Il suo nome deriva dal Persiano limu.



Il limone è una pianta che fiorisce tre volte all'anno : da marzo a maggio con produzione da ottobre a febbraio. La seconda fioritura in giugno con produzione a marzo di limoni giallo/chiari molto succosi.  La terza fioritura si ottiene effettuando la forzatura in agosto settembre con produzione a giugno di limoni “verdelli” chiamati in Palestina “Ben Zuher” piccoli e meno succosi ma vengono impiegati in cucina dopo averli seccati e grattugiati. 
Esso contiene 50-80 grammi per litro di acido citrico, e diversi altri acidi organici tra cui l'acido ascorbico; è molto ricco di vitamine. 100 grammi di prodotto contengono 45 Kcal, 85 gr. di acqua, o,6 gr. di lipidi, 149 mg di potassio, 11 mg di calcio, 11 mg di vitamina C (71% del fabbisogno giornaliero di vitamina C per un adulto), 28 mg di magnesio ecc ecc.
La Palestina era ricca di piantagioni di limoni e per questo lo scrittore “Abdel Rahim Mansour” ha scelto l’albero del limone come simbolo di resistenza per scrivere una canzone che rappresenti i giovani palestinesi e dice che le foglie del limone non appassiscono mai ma resistono alle difficoltà e semmai potessero appassire si deve cercare le cause e le condizioni in cui versano, così pure le condizioni dei giovani palestinesi hanno un limite di sopportazione alle difficoltà che riflette sul loro stato d’inquietudine e resistenza. La pianta del limone è una pianta forte che fa parte dell’orgoglio nazionale di ogni paese in cui viene coltivata.  
La Palestina è una di questi paesi piena di agrumeti e ne produce quantità enormi di limoni e di arance. Ricordo il marchio “JAFFA” quando ero ragazzina che poi divenne un’appartenenza ad un luogo e ad un’etnia di cui la Palestina andava orgogliosa di coltivare questo frutto considerato “re degli agrumi e della frutta”.

Con la Nakba del 48 le piantagioni di agrumi furono spazzati via insieme agli abitanti per far spazio alle nuove abitazioni e nuovi insediamenti. Cancellando così intere piantagioni di agrumeti che della Palestina fanno la storia. Altre piantagioni di limoni rimangono comunque in Palestina e nelle zone depresse di Gerico.
Anche il grande poeta italiano Montale nella sua poesia “i limoni” si rivolge al lettore, all'uomo comune, invitandolo a notare la differenza di poetica tra quella dei poeti illustri (Carducci e D’annunzio) che usano un linguaggio scelto con cura, menzionando piante dai nomi poco conosciuti come bassi, ligustri ed acanto, e la sua, che utilizza termini semplici e comuni.  Io dice il poeta: “Amo le strade di campagna che portano agli erbosi fossi pieni di pozzanghere dove i ragazzi riescono a pescare qualche anguilla, amo i sentieri erbosi, gli orti e le stradine dove crescono le piante di limoni”.

Il fresco profumo dei limoni riporta il poeta nel suo semplice paesaggio familiare che gli fa dimenticare l’angoscia della solitudine e lo mette in contatto con la realtà facendogli intuire il mistero che avvolge la vita. 
Lo sguardo scruta intorno e la mente cerca di approfondire il mistero della natura e quando, a sera, il profumo dei limoni si fa più intenso, in quegli attimi di silenzio, sembra che ogni ombra sia una divinità. 
Ma qui il poeta ritorna all'illusione che si dissolve subito, la mente non riesce a penetrare il mistero che ci avvolge e con la delusione si ritorna nella triste realtà delle città rumorose. Qui non c’è più il profumo dei limoni ma pioggia e freddo che rendono il giorno più breve e l’animo più triste anche se è sempre possibile ritrovare la speranza. Essa (la speranza) infatti si riaccende con le illusioni ogni qualvolta da un portone mal chiuso si intravede tra gli alberi di un cortile il giallo dei limoni.

Proprietà terapeutiche: Il limone si presenta come un ottimo antisettico e battericida, rafforza le difese immunitarie in quanto è in grado di “aumentare” la produzione dei globuli bianchi, è rinfrescante, disintossicante, e calmante, è ottimo contro i dolori reumatici e contro la pressione alta, è anti-anemico e se usato regolarmente protegge stomaco fegato e pancreas dal tumore e mantiene regolare il livello dello zucchero nel sangue . Tonifica la pelle e riduce le macchie sul viso, rinforza il cuoio capelluto e riduce la forfora. Particolarmente utilizzato per curare il dolore dei muscoli e le articolazioni ed anche lo stress utilizzando il suo olio essenziale già dai tempi degli antichi Egizi, che si avvalevano del suo succo per curare anche le dermatiti.
Oltre allo sciroppo “LUMANADA” (ليمونادة)  limonata, si faceva anche il liquore con le bucce sottili messe a macerare con alcool e zucchero, una sorta di “limoncello”, inoltre si faceva anche la marmellata mescolata a arance, si faceva anche i canditi da mettere nei dolci o per condire la “burbara” fatta con frumento bolliti nel giorno di St. Barbara e condito con zucchero, cannella e canditi di arance e limoni e distribuito ad amici e parenti. 

La bevanda estiva più importante oggi è la “limonata alla menta e ghiaccio” che si trova in tutti i bar e per le strade dove passano i turisti e pellegrini. Quando sono laggiù mi fermo spesso e mi gusto un bicchierone, che tra latro assomiglia molto al “MOITO ARGENTINO” ma senza liquore. La menta va pestata e mai frullata in quanto non deve sembrare verdognola ma gialla opaca al sapore di menta. La limonata viene consumata anche calda quando si ha un imbarazzo addominale dopo una grande mangiata. 
Il limone viene molto usato anche in cucina per marinare e condire la carne, il pollo ed il pesce oltre a tutte le salse “hummos, salsa piccante, cetrioli e yogurt, melanzane, zucchine e tabbuleh ecc ecc”, e qui do atto alla saggezza dei palestinesi che si garantiscono il cibo dagli attacchi di microrganismi in quanto molti cibi sono considerati “di strada”.
             
L’albero del limone ha colpito molto negli ultimi anni e dopo la proiezione del film israelo/palestinese “il giardino dei limoni del 2008” del regista israeliano Eran Riklis con Hiam Abbass, Doron Tavory, Ali Suliman, Tarik Kopty che racconta il conflitto visto con gli occhi di una donna vedova coraggiosa che difende il suo limoneto molto significativo come simbolo di resistenza alla distruzione degli alberi molto praticata dall'esercito israeliano negli ultimi 30 anni. 

Con questi racconti abbiamo sottolineato l’importanza dei limoni nella nostra vita quotidiana e per questo che dobbiamo considerarlo un punto fermo nella nostra vita e se il grande poeta Montale lo ha citato e così pure il regista israeliano nel film “il giardino dei limoni”e lo scrittore egiziano che ha dedicato una canzone “shajar al laimun” vuol dire che questo albero deve essere protetto e non oggetto di vendetta per punire un popolo cancellando le cose più care a lui e cioè: 
                                                                         Gli alberi. 

"La mia nazionalità? Il cuore di tutti gli uomini! Toglietemi un po' questo passaporto".
Samih al Qasem poeta e scrittore palestinese.

venerdì 12 luglio 2013

Una piccola anticipazione..."l'albero dei limoni"

La prossima settimana vi parlerò del limone, questo magnifico frutto radicato nella cultura Palestinese, dalle proprietà e benefici infiniti.

Cosi aspettando il prossimo articolo, vi lascio con una bellissima canzone di Mohamad Monir intitolata "l'albero dei limoni"  شجر الليمون

 

martedì 9 luglio 2013

UNA CENA “TIPO ” DELLE NOSTRE ULTIME CENE…….

 …Organizzate in questi ultimi giorni a Schio e a Resana e qualche tempo fa a Padova con l’Arci e Este e presto abbiamo un’altra in programmazione a Padova insieme all’associazione Dott. Clown per raccolta fondi per il nostro ormai famoso progetto: 

“Campo Estivo rivolto alle donne e bambini del villaggio di Artas”

Tutte le nostre cene sono considerate della resistenza e portano avanti informazioni su “cosa mangiano i palestinesi”, così facendo riusciamo forse a far sopravvivere l’identità culturale delle famiglie e delle donne in particolare, cosa che mi ha sempre colpita positivamente ed incoraggiata ad andare avanti insieme alle persone che credono nei nostri progetti che mirano a rivalutare il nostro “slow food” che sta avendo dei problemi seri a causa dell’ingresso nella società palestinesi del fast food straniero con tutto ciò che porta dietro di bevande e bibite. 
In Palestina questo fatto non dovrebbe accadere in un momento storico molto difficile di occupazione e trasformazione con metodi sottili usati da chi colonizza la nostra terra con intenzione di cambiare le abitudini culturali e culinarie che fanno della Palestina la “storia dell’identità sociale”. La Palestina non deve abbandonare o sostituire il cibo storico per correre dietro all’hamburger con il suo dannoso condimento che invoglia bambini e mamme delle città che spesso sono le prima a rincorrere questo cibo esotico che s’infiltra nei paesi del terzo mondo colpendo le classi sociali più ricche e nel caso della Palestina le donne che iniziano a non cucinare più e trovare tale cibo più comodo e più economico e più semplice da reperire.
Il fast food esiste già in Palestina, è un piatto invidiato e copiato da tutto il mondo, cibo chiamato da strada, completo e nutriente e non dannoso per la salute. Spesso quando scendo in Palestina cerco di consumarlo sia come panino o seduta nella bottega di Abu Shukri che prepara il falafel ed il hummos più squisito della città con le bevande fresche di carote o di melograno o il succo di limone con la menta.
Per tornare alle nostre cene, scopriamo con tanta gioia che ogni volta partecipano tante persone nuove che ci onorano con la loro presenza che accolgono l’invito sia per contribuire al progetto ma anche per mangiare il buon “cibo palestinese della resistenza” preparato con impegno e rigorosamente simile a quello fatto nelle case palestinesi. 
Nessuno può immaginare la nostra gioia nel vedere Odilla impegnata ad organizzare una serata a tutto punto con la sua vena artistica, o Lucia di Este, Silvia, Chiara, Pina, Francesco e Andrea ecc, che si mettono in gioco per rendere la serata interessante dandomi lo spazio per presentare i piatti e le spezie usate oltre all’informazione generale sulla vita in Palestina e sul progetto motivo di tutto questo movimento di donne.
In preparazione di ogni serata, la mia cucina si trasforma per una settimana in una cucina pubblica, sul muro, trovate attaccato il MENU’ che preparo molto in anticipo, sistemo tutta la spesa necessaria in tutti gli angoli della cucina(fortunatamente grande). Il giorno dell’evento è molto movimentato che mi mette in ansia per la paura che qualcosa non funzioni all’ultimo momento o non sia come l’avevo progettata in testa mia.
All’ora x si parte (per qualsiasi città) con le pentole ed i vassoi carichi di tutto: pane, focacce involtini e dolci, tutto già tagliato e pronto per non trovarci dopo nella confusione totale.
La nostra energia e dico nostra perché siamo una squadra importante di 4/5 donne (Fatima, Silvia, Franca,Anna Maria e Renzo il grande collaboratore). 

       

Portare avanti la nostra nuova esperienza nel villaggio ci farà incontrare una trentina di donne faccia a faccia ed interloquire con loro e parlare di problemi comuni delle donne e dell’infanzia che ci permettono di confrontarci su argomenti cari a loro e permettere contemporaneamente a noi di poterle aiutare senza arrogarci il diritto di invadere o offendere la loro privacy per voler sapere ciò che loro non intendono raccontare o rivelare. I nostri principali argomenti saranno dedicati alla cucina ed alla prevenzione e cura e salvaguardia dell’ambiente e dell’identità culturale. La storia del villaggio “Artas” sappiamo bene che era nota per la presenza di donne famose e non che hanno scritto e raccontato per più di 150 anni (festeggiati l’anno scorso), la generosità e la bellezza dell’ambiente e degli abitanti. Noi ora e dopo diversi anni che li frequentiamo possiamo essere pronte per continuare questo filo storico in un momento in cui le condizioni economiche e sociali in questi ultimi 50 anni sono cambiate portando 4 mila persone in uno stato di povertà e degrado.
Aver scelto la cultura del cibo ci rende merito nel capire le usanze e le tradizioni di un piccolo villaggio simbolo di una dura resistenza culturale, civile ed umana per dimostrare che, ci si può rialzarsi ed andare avanti perché la Palestina è storia la Palestina è cultura la Palestina è vita e libertà.
        
Le nostre cene tipo sono semplici ma ricche di racconti di storie, di dimostrazioni e di scelte specifiche di alcuni piatti tipici che spesso la Palestina rischia la loro assimilazione o la loro estinzione.
Assimilazione da parte dell’occupante che ormai ci ha rubato il meglio della nostra eredità cultura e l’estinzione come conseguenza dal vocabolario culinario palestinese.

I nostri piatti freschi base che sono le salse tipiche: hummos, shatta piccante, cetrioli con yogurt ed anche babagannoug.
Piatti con verdure fresche tipo tabbuleh con burgul fine e tanto prezzemolo pomodori e na’na’(menta) o insalata mista di pomodori cetrioli cipolla menta tagliata fine da accompagnare alla “mujaddara” oltre allo yogurt che spesso facciamo in casa.

Piatti a base di pasta pane; oltre al pane fatto in casa tipo shraq (steso sottile e cucinato sulla piastra), pane tipico arabo da farcire e spalmare, pagnotte da ½ kilo impastate con la nigella, con l’origano o con la curcuma, involtini “sambusek”con spinaci o con za’tar verde o con cavolfiori o con cipolla e carne, focacce “manaqish” con pasta pane spruzzato con olio d’oliva e polvere di “mescolanza di za’tar (origano) con le spezie”.

Piatti di riso con i ceci e curcuma, riso con lenticchie, riso con hashweh ousi con piselli carne e carote.
Piatti di maftul (cous cous palestinese) con verdure stufate o carne o qualsiasi altro condimento.
Piatti di burgul (frumento spezzato grosso o fine) con lenticchie o asciutto.
Piatti di zuppa di lenticchie e di ceci con cipolle.

Dolci con datteri, noci “ka’ek u ma’mul” 
Dolci con semi di fieno greco “hilbeh”
Dolci con yogurt “basbuseh” o harisseh.
Biscotti alle varie spezie “noce moscata, curcuma, zenzero e cannella”.
Budini e creme varie al riso o semolino o amido e all’acqua di rose.
Thè alla menta e alla salvia.
Tisane alle varie spezie.

Grazie a tutti coloro che hanno sempre creduto in noi e continuano a farlo partecipando alle nostre iniziative di solidarietà verso un popolo che lotta ogni giorno per la sua libertà “giusta”.
Bassima e Fatima.


Mi dicono: se trovi uno schiavo addormentato, non svegliarlo, forse sta sognando la liberta’. Ed io rispondo: se trovi uno schiavo addormentato, sveglialo e parlagli della liberta’. 
Jubran khalil jubran