mercoledì 13 novembre 2013

Le coste in cucina ورق السلق


Oggi facciamo le coste che chiamiamo anche “biete” che sono più piccole e più tenere delle coste. L’altro giorno mentre facevo la spesa in piazza ho visto un banco con delle coste sottili e lunghe, di colore verdissimo e con gambo bianco e sottile, in quel preciso momento mi vennero in mente le coste che si vendono nei suk arabi e più precisamente in Palestina, lì le coste si vendono a mazzetti (ضمم ) “dumam” legati con lo spago o l’elastico  come per il prezzemolo. In quel preciso momento ho cominciato a viaggiare con la mente e questo mi succede molto spesso quando vedo le cose simili che mi fanno tornare a 50 anni indietro quando ero ragazzina e mia madre mi diceva: vai di corsa a prendermi ضمة سلق ossia un mazzo di coste e pensavo: “a cosa serve un mazzo di coste”? correvo verso la prima contadina che incontravo chiedendo delle coste; sapevo che tutte le contadine avevano coste, spinaci, prezzemolo, menta oltre alle erbe curative e profumate. La pianta non viene mai sradicata del tutto dal terreno perché continua a buttare dei nuovi germogli e nuove foglie e siccome la richiesta del mercato locale non è altissima e nello stesso tempo l’orticello delle contadine è piccolo e vario ed anche perché le contadine non possono portare in testa tanto peso e nemmeno un tipo solo di verdura, i mazzetti saranno pochi e grandi tale da soddisfare le massaie.


Spesso mi capita di fermarmi e pensare e questo succede quando sono in contatto con il cibo, “forse perché ho avuto con esso  una relazione morbosa”, mi sentivo inadeguata forse  perché secondo mia madre, dovevo solo studiare e studiare e aiutarla con le pulizie di casa e tenere a bada i miei due fratelli più piccoli, non c’era spazio per imparare a cucinare nemmeno un uovo nel tegamino, insomma m’impediva di farlo, le facevo solo le commissioni urgenti come per le coste e vedere il cibo solo quando lo trovavo nel piatto. Qualche volta e quando lei e mio padre uscivano di sera per andare a trovare parenti o amici, noi fratelli ci mettevamo a fare i CHEF INCAPACI ma contenti di realizzare un piatto di risotto o patate pure al burro e olio d’oliva stando molto attenti a non lasciare tracce, questo succedeva molto spesso e ci rendeva un’autonomia direi dovuta specialmente a me come donna. Quelle erano le mie esperienze culinarie nella casa paterna. Le benedette coste le trovavo nelle zuppe di lenticchie o anche lessate e condite con  aglio e limone che allora odiavo ma che ora adoro.

Cosa sono le coste e come si mangiano “in Palestina”? 
Sono verdure dalle foglie verdi più o meno grandi con un gambo bianco sottile e lungo, della costa si mangia tutto,dopo averle lavate e sgocciolate lesi può consumare cotte a vapore e condite con olio d’oliva pepe e sale e limone oltre al pesto d’aglio“mtawameh” متومه in quanto condita con l’aglio.


I gambi bianchi invece, si possono tagliare a pezzi e bollire con pochissima acqua e condire come per le foglie oppure con l’aggiunta di  tahina (crema di sesamo), sono veramente deliziose.

Il piatto più famoso in Palestina è il “ملفوف السلق”e cioè le foglie arrotolate di coste. Come per tutte le altre foglie di verdura anche la costa la si può arrotolare e riempire vegetariano all'olio d’oliva (vedi le “foglie di vite” nel nostro blog), oppure con carne macinata mescolata al burgul o al riso con pepe e sale e olio e un po’ di concentrato di pomodoro, queste due versioni si possono facilmente fare dopo aver fatto scottare le foglie per renderle malleabili in mano e girarle con facilità come un sigaro dopo aver tolto la parte centrale dura.  In tutte e due le versioni si può stendere in fondo alla pentola uno strato di gambi di costa oppure dei pomodori riempiti dello stesso ripieno dopo averli scavati. Questo serve a proteggere la costa dalla bruciatura del fondo data la sua delicata natura.    Nella pentola si allineano questi “sigari” a strati e poi coperti con acqua bollente e sale, con aggiunto un po’ di olio d’oliva e a seconda del gusto un po’ di polpa di pomodori per una ventina di minuti. Le foglie di coste o biete le mescolo a volte agli spinaci per fare i SAMBUSEK involtini con pasta pane e spinaci con cipolle e sommacco, rigorosamente a crudo (VEDERE NEL NOSTRO BLOG).

Ora che sono “diasporana”, scusate il termine grossolano, mi sento padrona di me e della mia cucina che curo con amore e dedizione, cerco sempre di studiare e scoprire le ricette che mia madre non aveva mai fatto e quelle che sono scomparse dalla società,cucino anche molto bene il cibo italiano che adoro come  quello palestinese,  molto spesso faccio dei paragoni coerenti su come viene considerata la nostra cucina palestinese. Io la vedo mediterranea e completa, molto simile a quella italiano ma con modi diversi di elaborazione, cosa che mi ha dato dimestichezza nel muovermi da una all'altra con agilità e piccole modifiche con risultati straordinari e delicati al palato. Se devo cucinare arabo per gli italiani so che devo ridurre le spezie e l’olio ma se devo cucinare italiano per arabi devo condire un po’ di più per esaltare il sapore, riesco a giocare con le dosi per riuscire a soddisfare tutti i palati.
Per quanto riguarda le vitamine presenti in questo ortaggio vale la pena  dire che le coste sono mineralizzanti, depurativi, antianemici, tonici: sono una preziosa fonte di pro vitamina A e di vitamine B (in particolare acido folico), C, E e K, di fibre e di minerali come ferro, rame, potassio, magnesio. Per assimilare il  ferro è utile aggiungere il succo di limone che favorisce il suo assorbimento. Nelle coste ci sono anche alcuni aminoacidi utili per la salute e la bellezza dei capelli. Nelle persone affette da malattie urinarie e renali bisogna stare attenti a non consumarne tante. 

La cucina palestinese è semplice e più delle volte vegetariana e leggera per l’uso dell’olio d’oliva considerato il RE dei condimenti e fonte di vita per famiglie intere palestinesi prima dell’arrivo della tragedia che ha colpito i palestinesi nel 48. (Gli alberi di olivi sradicati sono più di un milione con una caduta catastrofica sulla società che si trova senza una fonte di guadagno e di sussistenza; gli olivi “simbolo di resistenza” davano da vivere a tutta la popolazione contadina: olive, olio, sapone e legno che forniva tutto il resto della Palestina, ora sono più quelli che si trovano di là del muro che quelli presso i legittimi proprietari).

Per tornare al cibo trovo che la cucina sana mediterranea palestinese è un fiore all'occhiello che fa invidia a tutto il mondo in quanto è considerata completa anche senza il consumo della carne che comincia a costare molto e si deve ricorrere quasi sempre all'importazione .
La questione politica penalizza sempre più il cibo e le materie prime che diventa sempre più difficile reperire, frutta e verdura palestinese doc (una volta a kilometri zero) per motivi che tutti sapete già: difficoltà e ostacoli al movimento delle persone e merci, chiusure e sottrazione sempre più di terre coltivabili e acqua al punto da rendere i palestinesi dipendenti dalle produzioni delle colonie ecc. ecc.  A livello internazionale la situazione non è migliore in quanto non troviamo una politica  seria e sincera che tratti la questione con determinazione e ugual attenzione per risolvere e per sempre questo problema.                                          
Vorrei tanto poter scrivere un libro sulla “cucina palestinese”  per combattere l’indifferenza e lasciare un segno tangibile che noi esistiamo come nazione e come popolo operoso ed energico e produttivo, se lasciato in pace nella sua terra. Le cucine tipiche e tradizionali di tutti i popoli sono presenti nei libri ma quella palestinese viene scimmiottata e poco menzionata per causa dell’occupazione e del tabù creato ad hoc intorno al problema politico/storico falsato da bugie raccontate per spodestare con violenza i legittimi proprietari del territorio e consegnarla ai sempre nuovi arrivati di ebrei da tutto il mondo. Sappiamo che gli ebrei arrivati in Palestina sono principalmente dall'est Europa e dagli USA e dall'Africa del Nord e di recente sono dall'est Asiatico e sono lontani anni luce dalla cucina mediterranea e palestinese e si legittimano attraverso l’appropriazione anche di questa realtà culturale che gli occupanti israeliani tentano di rivendicare come loro.   

Per tutti questi motivi invoco che ci lascino la nostra identità culturale  identificata nei nostri scrittori, poeti, artisti e cuochi e cuoche donne e uomini con la resistenza che tutti i giorni praticano per conservare gli ultimi valori che non possiamo mollare per decretare la nostra fine. Abbiamo consegnato alla storia la nostra politica e la nostra economia ma non possiamo più stare zitti di fronte a questo accanimento brutale ma dobbiamo continuare a misurarci con la nostra tradizione e le nostre abitudini e modi di mangiare.

“se vogliamo essere noi stessi, dobbiamo combattere con i denti per la cosa che più ci identifica, dobbiamo rivendicare le varietà di cibo che da secoli ci distinguono per non smarrire l’ultima risorsa di vita!"

Saluti e ringraziamenti da Fatima e Bassima




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