martedì 8 gennaio 2013

Sfiha صفيحة


Oggi 7/1/2013 penso di cucinare “sfiha” lahm u a’jin che significa pizzetta fatta con pasta pane stesa e sottile come una pagina e da qui deriva il nome, mentre lahm u a’jin indica il ripieno che si mette sopra di carne pomodoro cipolla olio pepe sale prezzemolo e anche peperoncino, certo che tutti possono cucinare ma pochi riescono bene e qui ha ragione mia madre che dice che “il cibo deve avere un dritto e un rovescio” e non si può presentare una sfiha/pizzetta come un grumo di pasta con dentro un grumo di carne, ci vuole quel che si dice una bella faccia e dice anche “il cibo si mangia prima con gli occhi”. LEI mia madre si comporta così anche quando lavora ai ferri, e se la vuoi aiutare devi farlo bene altrimenti te lo fa disfare. Torniamo ora alla “sfiha” che deve essere sottilissima e grande 20 cm di diametro ed in quel caso la chiamano “armena”, (la diocesi patriarcale di Gerusalemme appartenente alla Chiesa Apostolica Armena, fu fondata nell'anno 638. La giurisdizione del patriarcato si estende ai fedeli armeni di Israele, Palestina e Giordania. La sede del patriarcato è il quartiere armeno della Città Santa. Gli Armeni sono stati i primi ad abbracciare la religione cristiana nel 4° secolo. Abitando in un quartiere esclusivo sono riusciti nel corso dei secoli a mantenere la loro lingua e le loro tradizioni e la loro cucina cercando il più possibile a non farsi assimilare e nemmeno contaminare, solo negli ultimi decenni si assiste ad un aumento di matrimoni misti e ad un inserimento sociale mescolandosi con i cristiani palestinese) .  Torniamo alla “sfiha armena”: va cucinata sulla pietra nel forno pubblico come per il pane del quartiere oppure nel forno del quartiere armeno e in questo caso si affida il ripieno al fornaio e lui provvede alla pasta. Il lahm u ‘ajin palestinese (pizzette piccole nelle quali eccelle mia madre) si possono fare in un unico vassoio(unto preventivamente) in cucina di casa oppure nel solito forno pubblico come dicevo per la cottura degli involtini. Garantisco però che quelle portate nei vassoi neri presi in prestito dal fornaio sono le più buone .


Certo che quando abbiamo(Fatima ed io) deciso di creare questo blog la nostra intenzione di sicuro non era la competizione con chi riempie le pagine di facebook che ormai è considerato una piazza pubblica per informare e chiedere di sapere anche le cose + private e pubbliche senza più rispettare la cosiddetta “privacy” e non bisogna però negare l’importanza del mezzo per conoscere gli chef qualificati e bravissimi/e ed è per questo che guardiamo lo stesso per capire con una certa distanza perché sappiamo bene che i veri chef nei paesi arabi e anche in Palestina sono tutti uomini e alle donne il posto pure rispettabile di aiuto chef perché considerati più affidabili ma non c’è dubbio che le chef/casalinghe si sono sbizzarrite nell’inviare le loro ricette a dx e manca e per fare tutto ciò hanno sfruttato il loro tempo libero a continuare a cucinare per i mariti (chef) prima e per pubblicare le loro delizie poi.
“noi non siamo uguali” e non c’interessano il botta e risposta ma a NOI DELLA DIASPORA  interessa raccontare le nostre piccole memorie sbiadite e affievolite e magari scambiarci alcuni aneddoti per seguire le trasformazioni avvenute nel corso dei lunghi anni che ci hanno separato dalla madre patria e per continuare la storia raccontata e scritta da presentare ai nostri figli (ormai di seconda e terza generazione). Non c’interessa sapere come una donna Palestinese della Palestina o di altro paese del mondo fanno le fettuccine o le lasagne italiane ma c’interessa sapere come si continua a portare le vivande da cucinare come da tradizione nel forno pubblico come faceva allora mia nonna “Victoria”. Sarà una storia antica ferma nel tempo ma per fortuna sia rimasta per essere inserita (alla faccia dei Mc Donald) nei libri dello slow food che si sta riscoprendo anche nei posti più disparati della Palestina (i tanti coca cola e i fast food ha colpito anche là dove le donne comprano le porzioni di cibo e gli hamburger nei grandi centri di ristorazione per comodità o per scimmiottare chi della classe borghese crede di essere….), a questo proposito consiglio vedere il sito http://baitalkarama.org/” a Nablus gestito esclusivamente da donne e con l’aiuto di donne italiane sono riuscite a farsi conoscere e apprezzare anche in Italia e mantenere la tradizione dell’arte culinaria.
Buon appetito “sahteen u hana”, lo potete accompagnare con zuppe, insalata e yogurt oltre naturalmente alla tazza di tè.

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